Corso di
Perfezionamento in “Neurobioetica e Roboetica”. Gruppo di Ricerca
interdisciplinare in Neurobioetica, sintesi dell’incontro del 23 novembre 2018
intitolato: Roboetica: ibridazione e umanizzazione della tecnologia
riabilitativa
di Giulia
Bovassi. Abstract. Luciano Bissolotti, medico e specialista in riabilitazione,
responsabile del servizio di recupero e rieducazione funzionale della Domus
Salutis di Brescia, ha agganciato il tema dell’umanizzazione della tecnica al
valore terapeutico-riabilitativo della robotica, innestato nell’interrogativo
etico fuoriuscito dal mutamento relazionale che, necessariamente, la nuova
tecnologia oggi determina.
Questa seconda
edizione del Corso di Perfezionamento in Neurobioetica e Roboetica ha
spalancato l’accesso al panorama sanitario connesso all’applicazione robotica
proponendo una sequenza storica del processo evolutivo compiuto
dall’innovazione ingegneristica, medica, informatica e tecnica. Intuitivamente,
essendo direzionata al circolo socio-vitale della persona, non può che
innervarsi entro la sua complessità, in quanto «biografia e biologia, con una
storia, una narrazione e non solo materia», per usare i termini del prof.
Bissolotti. Riprendendo il concetto etimologico del termine “robot”, il cui
rimando a “robota”, servire o lavoro forzato/obbligato, il Professore illumina
un fondamentale aspetto che deve essere tenuto a mente quando si parla di
robotica per l’uomo e non oltre il fruitore: fin dalle origini più remote, già attorno
al 1920, lo scopo principale è stato il servizio, non «robotizzare la persona o
i suoi bisogni», al contrario dare a esigenze umane maggiore umanità attraverso
il miglioramento della qualità della vita, che è esattamente quanto Domus
Salutis cerca di compiere da anni nel contesto riabilitativo. Quest’ultimo, pur
essendo fra le linee di ricerca preferenziali anche a livello internazionale,
risulta un tipo di finalità non esaustiva della varietà indagata globalmente ed
è per questo che incalza l’inquietudine etica insieme all’attuazione concreta
della robotica (un esempio fra tanti il tema della sostituibilità dell’essere
umano tanto come lavoratore quanto come membro protagonista della relazione o,
altresì, la constatazione di una marcata medicalizzazione dell’esistenza che
andrebbe intensificandosi).
Essendo un
ambito con forte attrattiva in moltissime aree economicamente forti negli
investimenti scientifici, preso atto dell’implicazione morale del tutto
inesplorata fin d’ora, è evidente la pressione verso la riscoperta di strumenti
comuni di dialogo che garantiscano mezzi da un lato per promuovere questa
spinta in avanti dall’altro affinché i singoli riescano a prenderne atto senza
soccombere a relazioni umano-tecnologico scorrette, ambigue o dannose, come nel
caso di scenari robotici antropomorfi declinati in esiti nefasti. Roboetica
quindi come neologismo coniato proprio dal vociare della tumultuosa
inappropriatezza di un’etica senza aggiornamento su concetti quali sostitutivo,
soggetto, essere umano, bene e male, libertà, volontà, ecc. Sono solo alcune
delle questioni che già la letteratura degli anni ’80 con Asimov, autore delle
tre leggi della robotica, oggi ripropone: può un ingranaggio robotico essere
nocivo? Si potrà parlare di empatia? Quale sarà quell’aggettivo squisitamente
umano che si farà rimpiangere? Le tre leggi -a detta dell’esperto dott.
Bissolotti- oggi sintetizzano una sorta di «legge zero», cioè quella tale per
cui non sarebbe concesso all’invenzione robotica nuocere all’essere umano o non
predisporre azioni che possano contrastare la messa in pericolo dello stesso,
asserzione che in medicina, in sanità, viene raccomandata dal mettere in atto
delle scelte volte al beneficio del paziente, evitando di recargli danno (Ippocrate),
seguendo una ponderata opzione deliberata a seguito di analisi rischi/benefici
che, nel caso della terapia riabilitativa, implica una seria considerazione in
merito al tipo di risultati ipotizzabili sapendo che il recupero totale delle
funzioni è difficilmente raggiungibile, per quanto sperato, da cui consegue uno
slittamento verso la prevenzione con lungimiranza su temporalità a breve e
lungo termine rispetto al lavoro e alle capacità acquisite con la terapia. Questo
approccio, insieme alla complessità dei fattori inerenti all’ambito descritto,
incide ancor più intensamente il contesto neuroriabilitativo dove ad operare
sono numerosi fattori clinici volti al recupero del danno generatosi a seguito
di una lesione al sistema nervoso. Unendo le estremità delle tre leggi di
Asimov e della peculiare azione neurorobotica, vi è un considerevole processo
di adattamento della macchina al paziente, secondo l’etimologia sopracitata del
termine “robot”, qui calata, senza sbavature, in comportamenti terapeutici
integrativi fra l’adattamento del mezzo all’uomo e dell’uomo al supporto
robotizzato, mediante progressiva incentivazione motivazionale, ripetitività
motoria-terapeutica, dati esperibili di intensità, qualità, ecc. Per usare una
felice espressione del docente esperto, potremmo dire che l’agire robotico
punta a curare una struttura accompagnandone l’iter di ripristino perché giova
al migliorarne il funzionamento, applicando un «paternalismo morbido» quale impalcatura
dell’avanguardista interazione uomo-macchina.
D’altra parte
la medesima problematicità insita nel tipo di offerta che la robotica medica
costituisce per i pazienti, causa la demarcazione onnipresente del sottile confine
delineato dall’antropomorfismo robotico: un aspetto sperimentale ma altrettanto
agognato, nel quale i bisogni della persona determinano una risposta che le
assomigli e, in qualche caso non così raro, supplisca a mancanze esistenziali
come fossero sanitarie. In altri termini, il confine sbiadito fra terapeutico e
potenziativo. Se, appropriandoci delle parole del prof. Bissolotti, vi è una
coevoluzione in atto tra essere umano e robot, occorre domandarsi come e in che
termini l’interdipendenza delle due è mutata in duplice autonomia dove concorre
il timore della mente pensante di assomigliare a qualcosa diverso da sé, forse
più vicino alla macchina, per continuare a gareggiare con la pressione
esercitata dalle pretese nell’unico, pluristratificato, magma socio-economico o
socio-culturale, terreno di sfida per ambedue corse evoluzionistiche.



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