di
Alberto Carrara, LC
L’11 aprile scorso, su questa pagina, presentavo brevemente, in lingua inglese, l’uscita
del secondo volume di 154 pagine intitolato Gray Matter. Topics at the Intersection of Neuroscience, Ethics, and
Society (in italiano, possiamo tradurlo proprio “Materia grigia”, titolo
ovviamente riferito a quella parte del nostro tessuto cerebrale anatomicamente,
morfologicamente e fisiologicamente distinguibile e caratterizzabile) [1].
Il volume, prodotto dalla commissione
presidenziale degli USA dedicata alle tematiche di bioetica (la Presidential
Commission for the Study of Bioethical Issues), ha fornito al
presidente Barack Obama un resoconto articolato in 4 principali capitoli
sull’andamento e gli sviluppi del noto Progetto
BRAIN, sigla riferita al The Brain Research through Advancing Innovative
Neurotechnologies (BRAIN) Initiative, progetto colossale lanciato il 2 aprile 2013 e presentato su questo sito in diverse occasioni.
Il 12 aprile 2013, infatti, riportavo l’annuncio e il relativo testo
dell’intervento del Presidente Obama e del professor Francis Collins. Nasceva
il progetto colossale, “antagonista” (per alcuni), “compagno” (per altri), del
progetto europeo The Human Brain Project lanciato poco tempo prima da Henry Markram.
Sucessivamente,
il 20 e il 26 maggio 2014,
presentavo l’editoriale della rivista italiana LeScienze dedicato proprio a questi due progetti neuroscientifici
lanciati nel 2013. Come è stato
giustamente sottolineato riprendendo le affermazioni del neuroscienziato Steven Rose: il XXI secolo si può ben definire il secolo del cervello.
L’altro
ieri (7 maggio) sull’Osservatore Romano,
la testata giornalistica ufficiale della Santa Sede, è stato pubblicato un
breve articoletto firmato da Carlo Petrini (pagina 4), intitolato: Neuroscienze ed etica. Il rapporto degli
Stati Uniti.
L’articolo dell’Osservatore presenta una
sintesi di quest’ultimo volume, considerando anche i risultati del primo volume
uscito nel maggio 2014.
Un
testo succinto, quello di Petrini, che sottolinea innanzittutto come Gray Matter non possa passare
inosservato ed offre, meglio, “propone” «alcuni spunti di analisi».
Muovendo
dall’affermazione del presidente Obama sull’ancora non svelata e misteriosa natura del nostro cervello (Obama
disse il 2 aprile del 2013: «Come umani, possiamo identificare
galassie distanti anni luce, possiamo studiare particelle più piccole di un
atomo, ma non abbiamo ancora svelato il
mistero delle tre libbre di materiale che stanno tra le nostre orecchie»), Petrini riassume la finalità del progetto BRAIN che mira «principalmente a
trovare terapie efficaci per malattie neurodegenerative (tra cui, in
particolare, Alzheimer e Parkinson) e altre disabilità neurologiche che
comportano costi (non solo economici) altissimi».
«Date le implicazioni di etica che le neuroscienze sollevano, Obama
incaricò la Commissione di esprimere un parere».
Quest’ultimo si è realizzato in due momenti, ciascuno plasmatosi in un
documento.
«Il primo, pubblicato nel maggio 2014, proponeva alcuni
orientamenti per l’integrazione dell’etica nella ricerca biomedica e, nello
specifico, nelle neuroscienze. In particolare, si riconosceva che “la buona
scienza richiede una precoce ed esplicita integrazione dell’etica nella ricerca”».
Gray
Matter. Topics at the Intersection of Neuroscience, Ethics, and Society (marzo 2015) è
il secondo rapporto, quello “conclusivo”.
Dopo aver preso in analisi, al capitolo
1° dedicato a delineare il contesto del documento (Background
and the Promise of Neuroscience), le cosiddette “promesse” delle
neuroscienze (NS) ed aver sottolineato la valenza di questo rapporto (About this Report), «la Commissione esprime,
innanzi tutto, alcune considerazioni sia su neurotecnologie per il
potenziamento (enhancement) neurologico (mediante, per esempio, dispositivi per
la stimolazione cerebrale), sia su metodi, comportamenti e condizioni che
possono mantenere o migliorare la salute neuronale (per esempio: l’esercizio,
l’educazione, la dieta)» (capitolo 2° che considera i seguenti argomenti: Cognitive Enhancement and Beyond, Goals and Purposes
of Neural Modification, Ethical Analysis, and Recommendations).
«La Commissione riconosce che, in
genere, gli stili di vita non pongono particolari problemi di etica e anzi sono
positivi se correttamente gestiti. Al contrario, le neurotecnologie mediante
moderni dispositivi pongono gravi problemi di etica e non sono esenti da
rischi. La Commissione suggerisce di valutare tali tecniche caso per caso».
Nel terzo capitolo di Gray Matter. Topics at the Intersection of
Neuroscience, Ethics, and Society (marzo 2015), viene affrontata una
tematica sempre più emergente a livello sociale: quella relativa la consenso
informato. Il capitolo si intitola proprio: Capacity
and the Consent Process. Petrini sull’Osservatore Romano lo riassume così: «Un
secondo problema che è il consenso
informato alla ricerca. Nelle persone con compromissioni neurologiche la
capacità di esprimere un consenso
consapevole è assente o offuscata o fluttuante. In assenza di regole uniformi, i ricercatori,
e anche i comitati etici, sono spesso soli nel decidere sulle modalità
con cui procedere».
Il quarto e ultimo capitolo tratta del “neuro-diritto” o NeuroLaw, una branca emergente della riflessione neurobioetica
contemporanea. Per una breve sintesi si può consultare la sezione apposita di
quella che è la “bibbia” della neuroetica, mi riferisco al recente Handbook of Neuroethics, pubblicato
dalla Springer proprio quest’anno
(2015)[2].
La “neuroetica”
viene presentata, in questa monumentale opera curata da Jens Clausen e Neil
Levy, quale “sforzo o
tentativo” (endeavor) multi-disciplinare e inter-disciplinare che
esamina le implicazioni e i risvolti, delle neuroscienze sugli esseri umani in
generale e, in particolare, cerca di riflettere sulla nostra auto-comprensione
in chiave neurobiologica quali esseri umani in relazione con altri individui
della stessa specie.
L’ultima parte
dell’ Handbook of Neuroethics, il terzo volume, intitolato “Neuroetica e società” (Neuroethics and Society, sezioni XVII-XXIII), considera la
neuroetica nel suo versante sociale ed include qui la sezioni riguardante il cosiddetto
neurodiritto (sezione XVII).
Petrini sull’Osservatore Romano dell’altro
giorno, riassumendo l’ultimo capitolo di Gray
Matter (2015) afferma: «un terzo
ambito è l’integrazione tra
neuroscienze e diritto. Le neuroscienze possono offrire elementi importanti
nello sviluppo di politiche sanitarie, per esempio fornendo informazioni utili
su gruppi di persone con particolari caratteristiche. Occorre, invece, molta cautela nel gestire informazioni
riguardanti singole persone. In particolare, in ambito giuridico, l’eventuale utilizzo di perizie neurocomportamentali, anche mediante test genetici, necessita di interpretazioni
accurate e molto rigorose. Vi è, infatti, il rischio di sottovalutare i notevoli margini di incertezza che
caratterizzano tali tipologie di indagine».
Proprio di NeuroDiritto si è parlato a Roma e a Milano in occasione della
Settimana Mondiale del Cervello, la Brain Awareness Week (BAW) 2015.
Petrini conclude la sua sintesi di Gray Matter (2015) sottolineando un
termine e un concetto caro a molti neurobioeticisti oggigiorno, termine, quello
di “integrazione” che Jill Bolte
Taylor ha spesso sottolineato. «L’integrazione
tra neuroscienze ed etica è certamente auspicabile non solo per i motivi sopra
descritti, ma anche perché, soprattutto in settori all’avanguardia, le forti
competizioni nell’ottenere fondi e nel pubblicare risultati possono minare il
rigore scientifico e indurre a sopravvalutare, anche con sensazionalismo,
risultati incerti».
[1] Presidential
Commision for the Study of Bioethical Issues, Gray Matters. Topics at the Intersection of Neuroscience, Ethics, and
Society, March 2015, http://www.bioethics.gov.
[2]
Cf. J. Clausen – N. Levy (ed.),
Handbook of Neuroethics, Springer, Dordrecht 2015, 3 volumi, XXIII sezioni, 117 capitoli, pp.
1850; ISBN: 978-94-007-4706-7 (Print) 978-94-007-4707-4 (Online).






Nessun commento:
Posta un commento