Nel
tardo pomeriggio del secondo giorno di lavori (giovedì 14 maggio) del VII Convegno Scientifico Internazionale di
Neuroetica CHI SENTE COSA? LA
NEUROETICA TRA CERVELLO, MENTE E COSCIENZA – Incontri su Neuroscienze e Società, si è svolta l’assemblea
plenaria della neo-nascente Società
italiana di Neuroetica, abbreviata
con l’acronimo SINe.
Michele Di Francesco, il nuovo Presidente della SINe eletto a Padova quest'anno |
Per
esteso la SINe è la Società Italiana di Neuroetica e Filosofia
delle Neuroscienze, come appunto riporta la pagina istituzionale. Nata il 3
luglio 2013, questa società scientifica “vuole promuovere la ricerca e la
divulgazione coinvolgendo il maggior numero di studiosi” (Home page SINe) nell’ambito
della neuroetica.
La
stessa SINe, nella pagina principale del suo portale offre una definizione di
questo “nuovo” ambito di riflessione: “La neuroetica
è un campo disciplinare giovane e ancora fluido, dai confini elastici, nato
dallo straordinario sviluppo delle neuroscienze cognitive e dalle loro
potenziali ricadute teoretiche e pratiche, a livello etico, legale, sociale e
politico.
Il
carattere interdisciplinare fa della
neuroetica uno spazio di intersezione tra vari campi del
sapere - dalle neuroscienze alla filosofia, dalla psicologia al diritto,
dall'estetica alla medicina, dalla genetica e alla teoria dell'evoluzione -
tale da renderla naturalmente destinata
a una collaborazione tra ricercatori
di diversa impostazione, uniti dalla
volontà di arrivare a una migliore
comprensione dell’essere umano”.
Il
“Manifesto” della Società Italiana di Neuroetica e Filosofia
delle Neuroscienze si articola in tre sezioni:
1.
Che cos’è e che cosa può essere la neuroetica
2.
Perché una società scientifica?
Adina Roskies |
3.
Obiettivi iniziali e attività.
1. Che cos’è e che cosa può essere la
neuroetica
La
neuroetica è un campo disciplinare ancora fluido, dai confini elastici, situato
alla convergenza di alcune scienze speciali, dall'apparato epistemologico
concettualmente ben strutturato, con la filosofia e in particolare con l'etica
(e all'interno di questa sia con la metaetica sia con l'etica normativa). Allo
stato attuale la si può probabilmente definire, in termini kuhniani, una
disciplina ancora pre-paradigmatica, ovvero priva di quella strutturazione
all'interno della quale si svolge un lavoro di ricerca codificato dalla
comunità degli studiosi, tuttavia in rapida fase di organizzazione, sia per
quanto riguarda i temi che ne fanno parte sia per quanto riguarda il metodo
condiviso di indagine.
Il carattere "interdisciplinare" di questa
nuova "disciplina" la rende uno spazio di intersezione tra vari campi
del sapere - dalle neuroscienze alla psicologia, dalla filosofia della mente
alla genetica molecolare e alla teoria dell'evoluzione - tale da rendere la
neuroetica naturalmente destinata ad integrarsi in modo proficuo con un altro
settore interdisciplinare in forte evoluzione, quello delle scienze cognitive.
La neuroetica può essere ritenuta una disciplina
principalmente legata alla chiarificazione concettuale e a un certo
orientamento pratico-normativo (come la bioetica, ad esempio), traendo
dall'esterno i dati empirici su cui lavorare. Tuttavia, essa può avere anche
l'ambizione di muoversi direttamente sul terreno sperimentale, rinunciando
comunque, almeno in parte, all'avalutatività tipica delle scienze
"dure". Da una parte vi sono, infatti, ricerche di neuroetica
condotte in laboratorio sulle basi cerebrali del ragionamento morale, frutto di
collaborazione tra filosofi e neuroscienziati; dall'altra, le riflessioni
etiche sulle acquisizioni delle neuroscienze che si collocano nella più
generale ripresa dell'etica normativa nel nuovo millennio.
Adina Roskies ha proposto una partizione, presto
affermatasi, che pone da un lato l'"etica delle neuroscienze" e
dall'altro le "neuroscienze dell'etica" (Roskies, 2002). La dicotomia
coglie aspetti diversi e complementari. L'"etica delle neuroscienze"
riguarda la riflessione sulle applicazioni controverse delle neuroscienze
stesse (come visto sopra), mentre le "neuroscienze dell'etica" hanno
al loro centro la riflessione metaetica, ovvero quella che si concentra sul
ragionamento morale a partire dalla sue basi cerebrali. Un'impostazione
sostanzialmente condivisa da Martha Farah (2005), con la divisione tra gli
aspetti "pratici" e gli aspetti "filosofici" legati al progresso
delle conoscenze neuroscientifiche.
Il terreno specifico della neuroetica è ancora in
cerca di una definizione precisa dei suoi confini. Questi ultimi dovrebbero
attenere alla riflessione circa ciò che apprendiamo su noi stessi e il nostro
"funzionamento" grazie principalmente (ma non esclusivamente) alle
neuroscienze. In altre parole, è la naturalizzazione forte dell'indagine
sull'essere umano a rendere pertinente una metadisciplina che si occupi
dell'ambito interdisciplinare descritto. A essere oggetto di studio per il suo
carattere nuovo e controverso, quindi, non sarebbe ciò che possiamo fare, ma
ciò che sappiamo o che crediamo attendibilmente di sapere.
Infatti, diversamente dalla bioetica (che può ambire a
prescrivere o vietare), circa la comprensione di "come siamo" non vi
sono possibilità di rimettere il "genio nella lampada": le conoscenze
sul funzionamento della mente, una volta disponibili, dispiegano
invariabilmente i loro effetti filosofici e di auto-comprensione dell'essere
umano, con le relative conseguenze sociali, politiche, giuridiche, economiche
più o meno rilevanti. Questo spiega, tra l'altro come una riflessione sulla
neuroetica coinvolga ipso facto un interesse diretto e primario circa le basi e
le conseguenze filosofiche delle neuroscienze.
A ciò si lega strettamente il versante complementare,
in cui convergono biologia evoluzionistica, psicologia e neuroscienze
cognitive, nel quale si va mettendo in discussione la rappresentazione
"mentalistica" che abbiamo di noi stessi, ribaltando la concezione
intuiva della soggettività come unitaria e accessibile in modo trasparente
all'introspezione e la valenza esplicativa e causale della psicologica
intenzionale. Non tutto risulta già spiegato su questo versante empirico,
lasciando spazio anche all'indagine filosofica in quanto tale.
Ecco allora che "neuroetica" (ove inteso
largamente e quindi inclusivo anche di una più ampia filosofia delle
neuroscienze) può essere un nome adeguato per una nuova prospettiva di
riflessione e di ricerca che non sia esclusivamente legata alle neuroscienze,
ma abbia su di esse un focus speciale, ricomprendendo le altre scienze che
hanno come proprio oggetto l'essere umano nella sua dimensione naturale, dalla
genetica alla psicologia e alle scienze sociali e umane, avendo un legame
speciale con la filosofia. La neuroetica si concentra, come accennato, sugli
aspetti metodologici, sulla chiarificazione concettuale e l'unificazione delle
prospettive particolari e specifiche, analizzando le conseguenze sociali e pragmatiche
(per quanto transitorie) delle nuove conoscenze, nonché sugli aspetti metaetici
che ne discendono. Per questo, la neuroetica si propone come sovraordinata alle
sottodiscipline caratterizzate dal prefisso "neuro", anche come
(meta)disciplina ponte per unire settori di iperspecializzazione.
2. Perché una società scientifica?
Al
crescere della ricerca e della riflessione internazionale svolta sotto la
denominazione "neuroetica" e al progressivo affacciarsi di esse anche
nel nostro Paese, numerosi studiosi hanno partecipato a convegni specialistici,
pubblicato articoli e libri che fanno riferimento alla "neuroetica".
Inoltre, la naturalizzazione in chiave "neuro" di molte discipline
sembra consigliare una possibilità strutturata di confronto e di coordinamento
degli approcci e delle ricerche, in attesa che si stabiliscano anche posizioni
accademiche dedicate.
Una società di neuroetica e di filosofia delle
neuroscienze può quindi radunare specialisti di diversa formazione -
segnatamente, ma non solo: neuroscienziati, scienziati cognitivi, filosofi,
psicologi, giuristi, economisti, politologi, studiosi di estetica - e avere le
finalità tipiche di una societá scientifica.
3. Obiettivi iniziali e attività
I
fondatori della Società, propongono a un più vasto numero di studiosi italiani
di promuovere attività che mantengano vitale e produttiva la realtà appena
costituita. Si può ipotizzare un congresso a cadenza fissa, seminari virtuali,
workshop mirati in sedi varie, una scuola residenziale, preparazione di lezioni
da postare su Youtube, eventualmente una rivista o la partecipazione
istituzionale alle maggiori riviste internazionali del settore.
Inoltre, si potrebbe pensare alla promozione di una ricerca originale da
promuovere con programmi annuali o biennali, che diano origine a volumi o a
prodotti scientifici in grado di figurare nel dibattito internazionale ai
massimi livelli.
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