Ieri,
nell’inserto Agorá del quotidiano Avvenire (p. 26), sulla colonna di
destra, il filosofo italiano Vittorio
Possenti presentava il nuovo saggio di Andrea
Lavazza intitolato Filosofia della
mente, pubblicato a marzo 2015 dall’edizioni La Scuola.
Mentre Possenti
titola: Ma
filosofia della mente non è scienza del
cervello, Avvenire sintetizza così: «Andrea
Lavazza affresca lo stato dell’arte di una
disciplina che, specie
in area anglosassone,scivola verso il materialismo lasciando spazi indebiti alle
scienze».
Il filosofo
italiano precisa fin dall’inizio il contesto dell’opera, quello del rapporto anima-corpo (oggi diventato
quello del rapporto mente-cervello)
e le risposte che lungo la storia del pensiero si sono alternate: «La domanda sull’uomo – afferma Possenti – include come
nucleo primario l’antico e sempre nuovo problema dell’anima, del corpo e del loro rapporto. Tradizionalmente questi temi erano ricompresi sotto il nome di “problema psicologico”».
Ecco
delinearsi l’humus da cui è sorta la
filosofia della mente: «Da numerosi decenni ha preso piede, dapprima in area anglosassone e poi
oltre, la dizione di “mind-body problem”, o
anche quello di “filosofia della mente” che include il primo tema. Quest’ultima espressione, per quanto concentri l’attenzione su un aspetto dell’essere umano (la mente, appunto), ha il merito di mantenere aperta una responsabilità per la filosofia, mostrando quanto sia difficile ricondurre la questione psicofisica solo alle neuroscienze cognitive.
È convinzione abbastanza diffusa che
l’interrogativo psicofisico comporti un’alta
difficoltà, in quanto la conoscenza di ciò che è composto è più ardua di quella di quanto è semplice. Eppure scienziati e
filosofi non desistono dallo sforzo sempre rinnovato
di comprendere quel problema, ed anzi da tempo
si sono moltiplicati sino all’inverosimile i
tentativi di venire a capo della sfida».

La
domande primarie sono chiare: “Se il mentale non è fisico, come possiamo spiegare la sua interazione causale con il fisico? Se il mentale è fisico, come possiamo spiegare i fenomeni della coscienza?”. Se dovesse valere solo la seconda possibilità, dovremmo ritenere che lo spirito sia impotente dinanzi alla materia».
Possenti
conclude la sua presentazione del volume di Andrea Lavazza con un esempio
storico: «Intorno al 1845 Emil Du Bois-Reymond, profondamente persuaso che nell’organismo
non agissero altre forze che quelle fisiche e chimiche,
aveva creato una società con colleghi della sua opinione, vincolandosi a
diffondere durante la loro vita questa posizione. Molti anni dopo egli si rese
conto del carattere contraddittorio del suo comportamento, in quanto la
posizione schiettamente materialistica comporta che sia impossibile vincolarsi
a credenze intellettuali o a comportamenti futuri. Emise pertanto la celebre frase:
ignoriamo e ignoreremo («Ignoramus
et ignorabimus») il rapporto
tra fisico e psiche, essendo innegabile che vi è dello psichico in noi. Forse esagerava, ma così elevava un argine verso
il riduzionismo. Gli scienziati perlopiù tendono verso il materialismo,
almeno metodologico, che è dottrina particolarmente idonea per le loro teorie,
mentre i filosofi non sembrano al momento orientarsi in maniera concorde, ed anzi
a mio parere finiscono per lasciare uno spazio indebito alle scienze. Se la filosofia
della mente si riduce a scienza del cervello, diventerebbe importante che a centocinquant’anni
dalla sentenza di Du Boys- Reymond scienziati e filosofi materialisti ripetessero
con lui: ignoriamo e ignoreremo la struttura della psiche e l’interazione
psicofisica». Beh, noi continuiamo a
ricercare la verità su noi stessi!
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